La semplicità è intelligenza

Atene-Grecia © di Apostolos Apostolou scrittore e professore di filosofia

Tutti conosciamo che la  semplicità rende eccezionale una persona comune. Con la semplicità  torniamo alla nostra essenza, dalla nostra gente, alle nostre origini. Ma che cosa è la  semplicità? E’ un arte della vita? È una forma pura dell’ impenetrabile nudità forma della vita? Questo soffio invisibile dell’estrema serenità? Leonardo da Vinci la definiva l’ultima sofisticazione. Perché sono tanti insieme. È sicuro che il termine semplicità non è sinonimo di una personalità banale o piatta, bensì significa verità e naturalità. Jiddu Krishnamurti sosteneva che: “La semplicità non è il mero adeguamento a uno schema. E’ necessaria una notevole intelligenza per essere semplici, e non soltanto conformarsi a un determinato modello, per quanto possa sembrare degno. Purtroppo la maggior parte di noi inizia con l’essere semplice esternamente, nelle cose visibili.”

Esiste una semplicità nell’ arte, nella filosofia, nella letteratura. È incredibile che quasi tutte le persone che valgono molto hanno le maniere semplici, e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore. Diceva Giacomo Leopardi. Claude Monet, quando parlava di semplicità nell’ arte diceva che  la semplicità fa l’incanto.

 E  siccome la semplicità di pensiero non significa semplicità di ragionamento Karl Jaspers scrive per la semplicità filosofica: ‟Se la semplicità come comunicazione didattica dovesse convertirsi in oggettivo comunicazione filosofica diverrebbe uno schema vuoto. Nella comunicazione filosofica c’è infatti l’esigenza di trovare l’espressione che non tragga in inganno con quella falsa semplicità che fa passare per apprendibile ciò che si realizza solo nell’attuazione del pensiero. La semplicità filosofica è quella naturale certezza che, nella decisione della coscienza assoluta, si manifesta come chiara presenza in ogni pensiero e come univocità dell’azione interiore che non si può fondare razionalmente. Nella sua verità, questa semplicità non è atemporale, né identicamente ripetibile. È il raro risultato della tensione di una intera vita. È necessario arrischiare l’esserci per conquistarla dal momento che non si tratta di una pura e semplice semplificazione. La semplicità filosofica, infatti, è la semplicità del pensiero che prende le mosse dall’esistere originario. Mentre nelle scienze la semplicità di ciò che è facilmente accessibile si consegue mediante analisi circonstanziate che poi cadono come impalcature fittizie perché sono solo dei mezzi utili al ricercatore per trovare alla fine la via più semplice, la semplicità filosofica è un risultato del cammino storico di un’esistenza che realizza il suo mondo. Non è un sapere che si può pensare con semplicità, ma è il semplice come espressione dell’essere che ha trovato parole che non sono mai esaminabili. È il semplice che si riscontra nell’esserci dell’uomo che nel filosofare ha conquistato se stesso. Non si tratta di quella semplicità che si raggiunge nell’unificazione di un’immagine del mondo, di cui se ne esige piuttosto l’annullamento, ma della semplicità della certezza raggiunta da un se-stesso nel suo esserci limitato, della semplicità che rifugge da ogni apparenza per creare spazio all’essenza. Quando, ad esempio, il linguaggio di Kant presenta una complicata costruzione sintattica, dove sono impegnati molti termini e dove gioca un determinato apparato logico, ciò che egli dice non è solo la semplicità della verità, ma, come egli ha detto, la realizzazione della perfetta semplicità.”


Edoardo Sanguineti descrive la semplicità della poesia cosi:

la poesia è ancora praticabile, probabilmente: io me

la pratico, lo vedi,

in ogni caso, praticamente così:

con questa poesia molto quotidiana (e molto

da quotidiano, proprio): e questa poesia molto

giornaliera (e molto giornalistica,

anche, se vuoi) è più chiara, poi, di quell’articolo di

Fortini che chiacchiera

della chiarezza degli articoli dei giornali, se hai

visto il “Corriere” dell’11,

lunedì, e che ha per titolo, appunto, “perché è

difficile scrivere chiaro” (e che

dice persino, ahimè, che la chiarezza è come la

verginità e la gioventù): (e che

bisogna perderle, pare, per trovarle): (e che io dico,

guarda, che è molto meglio

perderle che trovarle, in fondo):

perché io sogno di sprofondarmi a testa prima,

ormai, dentro un assoluto anonimato (oggi che ho

perduto tutto, o quasi): (e

questo significa, credo, nel profondo, che io sogno

assolutamente di morire,

questa volta lo sai): oggi il mio stile è non avere stile.

E noi nell’epoca della complessità, della corsa all’accumulo e dei mille impegni, abbiamo dimenticato che il grande segreto è la semplicità. Il  meglio è riscoprire il lusso delle cose semplici. E questo perché la vita non è un’ argomentazione.

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